Ocse: “Inflazione ancora alta”

Parigi, 6 Settembre 2023 – L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico) ha previsto che per la riduzione dell’inflazione bisognerà attendere il 2024 quando il tasso passerà dal 5,8% al 3,2%, mentre il dato sulla previsione di crescita passerà dallo 0,9% all’1,5%.

Politica restrittiva

Inoltre ha lanciato un invito alla Bce (Banca centrale europea) la quale deve continuare a lavorare con prudenza specialmente per quanto riguarda l’innalzamento dei tassi di interesse tentando di perseguire l’obiettivo del 2%. 

L’invito è esteso anche ai Governi, che devono adottare una politica fiscale che sia prudente al fine di evitare di alimentare l’inflazione. Introducendo inoltre alcune riforme che aumentino la crescita potenziale, stimata in calo all’1,1% l’anno prossimo, dall’1,6% del 2020 e 2021.

Necessario essere prudenti

La richiesta fa seguito ad alcuni studi portati a termine dall’Ocse secondo i quali è dal 1950 che si segnala l’assenza di casi importanti di disinflazione non accompagnati da una significante recessione. “Il calo dell’inflazione sembra improbabile senza una corrispondente crescita nel breve periodo del tasso di disoccupazione al momento nella zona Euro è ai minimi storici scrivono dall’organizzazione, puntualizzando che, parlando della riduzione di bilancio della Bce, questa deve  procedere con una certa cautela, anche se forse attualmente è particolarmente lenta.

Politiche verdi

Il rapporto molto dettagliato dell’organizzazione inoltre affronta anche il tema della politiche verdi. L’Ocse ritiene che la strategia adottata dalla Bce, cioè di seguire i dati macroeconomici prendendo le dovute strade punto per punto, senza un percorso già stabilito a monte, sia la migliore e la più efficiente. “Le dimensioni e la durata della restrizione monetaria richiesta per abbassare in modo durevole l’inflazione sono incerte. L’inflazione core, che la Bce tenta di ridurre, è determinata sia da fattori sul lato dell’offerta che da quelli sul lato della domanda, ed è difficile, almeno per i Paesi avanzati, individuarli con sufficiente precisione” spiega la nota.

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