Microsoft deve al fisco Usa 29 miliardi di tasse

 

 

Washington, 12 Ottobre 2023 – Nuovi problemi per Microsoft che finisce nel mirino del fisco americano, l’Internal Revenue Service (IRS) ha richiesto al colosso dell’informatica, con sede a Redmond, di pagare la cifra record di 29 miliardi di dollari per tasse non pagate dal 2004 al 2013. A diffondere la notizia la stessa Microsoft che ha contestualmente annunciato che è pronta a preparare il ricorso.

L’indagine IRS

La somma richiesta per le tasse non pagate è da ricondursi a una lunga indagine svolta dall’Internal Revenue Service sulle modalità con cui Microsoft ha allocato negli anni interessati i propri profitti tra giurisdizioni e Paese, una pratica nota comeprezzi di trasferimento” o “condivisione dei costi” che gli esperti ritengono di frequente utilizzo da parte delle bigtech al fine di minimizzare il carico fiscale segnalando profitti maggiori dove le imposte sono più basse e profitti minori nei Paesi o giurisdizioni dove le tassazioni sono più alte. Pratica utilizzata e contestata anche ad altre aziende come Apple o Amazon.

Microsoft: “Agito in conformità con le norme”

Immediata la risposta da parte di Microsoft che ha dichiarato, tramite un comunicato, di agire in piena conformità con le norme e i regolamenti dell’IRS sottolineando che “la giurisprudenza supporta la nostra posizione”. La società inoltre ricorda al fisco che dal 2004 ad oggi ha pagato oltre 67 miliardi di dollari in tasse. Pronta a fare ricorso, inoltre, contesta di non aver menzionato le tasse pagate ai sensi del Tax Cuts and Jobs Act (TCJA), questione questa che potrebbe far gioco a Microsoft che potrebbe vedersi ridurre, in base all’audit, l’imposta finale a circa 10 miliardi di dollari.

Il trattato in materia fiscale dell’Ocse

Proprio per cercare di mitigare questa pratica della condivisione dei costi, tanto spinosa per i Governi dell’Unione europea, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha dato l’annuncio di un nuovo trattato in materia fiscale. Atteso solo l’ok dagli Usa.

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