Crimini di guerra, un italiano nella corte Penale internazionale

 

 

Roma, 14 Aprile 2022 – Un magistrato italiano giudicherà i crimini di guerra commessi da Putin. Il giudice Rosario Salvatore Aitala è nel collegio di togati della Corte penale internazionale. Scelto per occuparsi della guerra in Ucraina, assieme a Antoine Kesia-Mbe Mindua e Tomoko Akane.

Ex funzionario di polizia, 54 anni, Aitala insegna diritto internazionale alla Luiss. Convinto, come ha scritto nel suo ultimo libro, che il diritto internazionale sia “un modo di guardare il Mondoe diventaretestimoni di crimini che invocano giustizia“.

Decine di segnalazioni ogni giorno

Crimini di guerra che il procuratore capo della corte Karim Khan ha voluto toccare con mano andando in visita a Bucha, la città simbolo della furia russa. Dove sono stati massacrati centinaia di civili. «L’Ucraina è una scena del crimine» – le sue parole – «siamo qui perché abbiamo motivi ragionevoli per credere che vengano commessi crimini all’interno della giurisdizione del tribunale. Dobbiamo dissolvere la nebbia della guerra per arrivare alla verità».

L’ufficio del procuratore generale di Mykolaiv riceve decine di segnalazioni al giorno di possibili crimini di guerra “e nella nostra Regione i russi sono stati solo pochi giorni, figuratevi a Kherson”, spiegano dalla segreteria del procuratore Volodymyr Govorukha. In tutta l’Ucraina infatti migliaia di segnalazioni arrivano quotidianamente alle procure locali attraverso l’apposito sito in attesa di un’esame che potrebbe richiedere mesi.

Rapporto Osce

La ricerca della verità però arriva da Vienna, con la presentazione del rapporto ufficiale dell’Osce, Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa. “Nel primo mese di occupazione di alcune Regioni dell’Ucraina sono emersi chiari schemi di violazioni del diritto internazionale umanitario da parte delle forze armate russe”.

Il rapporto, redatto in seguito all’attivazione del cosiddetto Meccanismo di Mosca, riguarda solo gli eventi dal 24 febbraio all’1 aprile. Quindi non comprende le atrocità di Bucha e di altre località alla periferia di Kiev emerse solo successivamente. Tuttavia contiene materiale a sufficienza per “mostrare schemi nitidi di violazioni sistematiche dei diritti umani da parte della brutale offensiva russa contro l’Ucraina”. Questo il commento del gabinetto dell’alto rappresentante Ue Josep Borrell.

Ancora più incisivo l’ambasciatore USA presso l’Osce Michael Carpenter. Secondo cui «il testo è un potente documento per dimostrare l’entità della crudeltà russa. Come ad esempio nell’uso dell’emblema della Croce Rossa, di bandiere bianche e abiti civili nelle operazioni militari».

Nel rapporto dell’Osce gli esperti sottolineano inoltre: “se le forze russe avessero rispettato i loro obblighi sanciti dal diritto internazionale umanitario in termini di distinzione, proporzionalità e precauzioni negli attacchi, riguardo a luoghi particolarmente protetti come gli ospedali, il numero di civili uccisi o feriti sarebbe rimasto molto più basso“.

La reazione di Mosca

Secondo l’ambasciatore russo presso l’Organizzazione Aleksandr Lukashevich «le conclusioni del rapporto presentato sono sia giuridicamente che politicamente nulle».

Tensione invece nelle Regioni separatiste, a Lugansk. Un gruppo di persone che portava un gigantesco logo dell’Osce insanguinato ha vandalizzato la sede dell’ex missione di monitoraggio Osce SMM, evacuata con l’inizio delle ostilità a fine febbraio. Secondo la stampa locale inoltre, a Lugansk un ex dipendente locale della missione è stato arrestato per tradimento.

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