Immigrazione, anche le persone hanno un prezzo

 

 

Agrigento, 17 Novembre 2022 – 12 in carcere e 6 ai domiciliari le custodie cautelari personali disposte dal gip di Caltanissetta per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’operazioneMare aperto“, che ha sgominato la banda criminale (11 tunisini e 7 italiani), è composta da centoventi poliziotti della Squadra mobile di Caltanissetta del commissariato di Niscemi, del Reparto prevenzione crimine e unità cinofile e del Reparto volo di Palermo.

Un’intercettazione ha rivelato che, se ci fossero stati problemi come un’avaria al motore, gli scafisti avrebbero potuto “sbarazzarsi dei migranti in alto mare”.

Cifre altissime

Tra i tremila e i cinquemila euro a persona è il prezzo che, in contanti, è pagato in Tunisia prima della partenza. Quindi il presunto profitto dell’organizzazione criminale, secondo le stime investigative, si aggirerebbe tra i trenta e i settantamila euro per ogni viaggio.

Tre anni di investigazione

Le indagini hanno avuto inizio il 21 febbraio 2019 quando, all’imbocco del porto di Gela, si è incagliata una barca in vetroresina di 10 metri con due motori da 200 cavalli, segnalata da un pescatore del luogo. Gli accertamenti condotti dagli investigatori della Squadra mobile hanno permesso di appurare che l’imbarcazione, rubata a Catania pochi giorni prima, ha permesso lo sbarco di decine di persone di origini africane. Quindi sono risaliti a una coppia di origini tunisine che favoriva l’ingresso irregolare sul territorio italiano, principalmente di cittadini nordafricani. Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è aggravato dal fatto che l’associazione era composta da più di dieci persone e aveva carattere transnazionale. A questo si aggiunge l’ulteriore aggravante di aver esposto a serio pericolo di vita i migranti trasportati e di averli sottoposti a trattamento inumano e degradante e, ancora, di aver commesso i reati per trarne un profitto.

La parte logistica era compito degli italiani

La presunta organizzazione criminale sarebbe dunque promossa da un uomo e una donna tunisini, entrambi già all’epoca dei fatti agli arresti domiciliari per reati analoghi. L’attività criminale era gestita da una casa a Niscemi, nel cui territorio era attivo anche il “capo gestore” della banda di trafficanti. Inoltre, sono stati individuati due tunisini, con base operativa a Scicli, che avrebbero avuto il compito di gestire le casse. Mentre, cinque italiani avrebbero curato gli aspetti logistici: l’ospitalità subito dopo lo sbarco sulle coste siciliane; il trasferimento degli scafisti dalla stazione dei pullman alla base operativa. Gli scafisti veri e propri erano quattro (un italiano e tre tunisini), mentre altri quattro tunisini avrebbero avuto il ruolo di “connection men” con il compito, in madre patria, di raccogliere il denaro dei migranti che volevano raggiungere l’Europa.

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