Fisco, in Italia servono 5 mesi di lavoro per pagare le tasse

 

 

Mestre, 16 Aprile 2022 – Dal confronto con gli altri Paesi europei il risultato per il fisco italiano è molto deludente. Nel 2020 (ultimo anno in cui è possibile effettuare una comparazione) i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 5 giugno (quasi 157 giorni lavorativi). Cioè 4 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell’area euro. Invece, se il confronto è realizzato con la media dei 27 Paesi che compongono l’Unione europea si allungano a 6.

Comparando il “tax freedom dayitaliano con quello dei principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore (+19). Mentre tutti gli altri lo fanno in anticipo. In Germania, ad esempio, questo è avvenuto 5 giorni prima che in Italia, in Olanda 11 e in Spagna 20. Il Paese più virtuoso è l’Irlanda; con una pressione fiscale del 20,7%, i contribuenti irlandesi assolvono gli obblighi fiscali in soli 76 giorni lavorativi, cominciando a lavorare per se stessi il 16 marzo: 81 giorni prima rispetto all’Italia.

Tax freedom day

Lo scorso anno la pressione fiscale in Italia ha toccato il record storico del 43,5% del Pil, nel 2022, invece, è destinata a scendere al 43,1. In virtù di ciò, solo il prossimo 7 giugno (un giorno prima di quanto successo nel 2021) gli italiani celebreranno il tanto sospirato giorno di liberazione fiscale (o “tax freedom day”).

In altre parole, dopo più di 5 mesi dall’inizio del 2022 (pari a 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche), il contribuente medio italiano smetterà di lavorare per pagare tutti gli obblighi fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.). Quindi dal 7 giugno inizierà a guadagnare per se stesso e per la propria famiglia.

Dall’Ufficio studi della Cgia: “l’elaborazione di questo contatore è un puro esercizio teorico. Tuttavia, questa analisi è interessante perché dà la dimensione, quando la si compara con i risultati degli altri Paesi europei, di quanto sia spaventosamente elevato il prelievo fiscale e contributivo in capo ai contribuenti italiani”.

“Guardando la serie storica che è stata ricostruita fino al 1995,  il giorno di liberazione fiscale più precoce è stato nel 2005. In quell’occasione, la pressione fiscale si attestò al 39% e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per scrollarsi di dosso tutte le scadenze fiscali. Osservando sempre il calendario, quello più in ritardo si è registrato nel 2021, poiché la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5% e, di conseguenza, il fatidico giorno è slittato all’8 giugno“.

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