Corte di giustizia Ue, Via libera al taglio dei fondi europei

 

 

Bruxelles, 16 Febbraio 2022 – La Corte di giustizia Ue ha respinto il ricorso di Polonia e Ungheria contro il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. Questo lega l’erogazione dei fondi europei al rispetto del diritto e dei valori dell’Unione.

Via libera al taglio dei fondi europei

La Corte di giustizia Ue ha finalmente emesso la tanto attesa sentenza sul meccanismo delle condizionalità dello stato di diritto rigettando il ricorso intentato da Polonia e Ungheria. In sostanza si dà il via libera all’uso di questo strumento che permette all’Ue di bloccare o tagliare i fondi comunitari ai Paesi che non rispettano lo stato di diritto. Il regime delle condizionalità per la protezione del bilancio dell’Ue sarebbe dovuto entrare in vigore dal primo gennaio 2021, poi il ricorso dei Governi di Varsavia e Budapest ha bloccato l’uso effettivo di tale strumento.

Lunga battaglia dell’Europarlamento

Il meccanismo è stato uno dei cavalli di battaglia del Parlamento europeo che ha sempre invocato la linea dura verso gli Stati membri che violano la distinzione tra i poteri, il rispetto dell’indipendenza della magistratura e della stampa e tutti gli equilibri che compongono lo stato di diritto. Finora la Commissione si è rifiutata di applicarlo facendosi scudo dell’attesa della sentenza della Corte. Decisione che ha portato il Parlamento europeo, allora guidato da David Sassoli, a intentare un ricorso contro la stessa Commissione.

I passi seguiti

Budapest e Varsavia chiedevano di annullare il regolamento che permette all’Ue di sospendere i pagamenti provenienti dal bilancio europeo agli Stati membri in cui lo stato di diritto è minacciato. La Commissione europea, incaricata di attivarlo, aveva accettato un accordo con i 27 Stati membri di aspettare la decisione della Corte di giustizia Ue prima di agire. Questo nonostante il regolamento dovesse entrare in vigore appunto a gennaio 2021.

Nella sentenza si legge: “Il rispetto da parte degli Stati membri dei valori comuni sui quali l’Unione si fonda, che sono stati identificati e condivisi dai medesimi, e che definiscono l’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune a tali Stati, tra i quali quello di diritto e la solidarietà, giustifica la fiducia reciproca tra tali Stati. Poiché tale rispetto costituisce quindi una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei Trattati a uno Stato membro, l’Unione deve essere in grado, nei limiti delle sue attribuzioni, di difendere tali valori”.

Secondo i giudici Ue il meccanismo di condizionalità sullo Stato di dirittopuò rientrare nella competenza, conferita dai Trattati all’Unione, di stabilire regole finanziarie relative all’esecuzione del bilancio dell’Unione“.

Budapest e Varsavia, tra le altre cose, avevano contestato il fatto che il meccanismo non definisse la nozione di “stato di diritto” né i suoi principi. Tesi smentita dai giudici di Lussemburgo. I quali sottolineano che “i principi contemplati nel regolamento, in quanto elementi costitutivi di tale nozione, sono ampiamente elaborati nella sua giurisprudenza. Inoltre, trovano la loro fonte in valori comuni riconosciuti e applicati anche dagli Stati membri nei loro rispettivi ordinamenti giuridici e che essi derivano da una nozione di Stato di diritto che i Paesi membri condividono e cui aderiscono”.

Soddisfazione del Pe

Il Parlamento europeo, che da mesi chiede all’esecutivo di Bruxelles di applicare il regolamento, ha espresso soddisfazione per la decisione della Corte. Il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, su Twitter commenta: “A seguito della sentenza della Corte Ue sul meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto, ci aspettiamo che la Commissione agisca senza indugio. Il tempo dei dibattiti è passato, bisogna applicare subito la legge ovunque in Europa“.

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha fatto sapere di accogliere con favore la conferma della legittimità del regolamento. Inoltre assicura che l’esecutivo agiràcon determinazione” nel difendere il bilancio dell’Unione “dalle violazioni dei principi dello Stato di diritto”.

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