Venezia, 21 Gennaio 2023 – L’ufficio studi della Cgia rende noto che «l’Italia registra una economia criminale che in massima parte è gestita dalle organizzazioni mafiose e conta un volume d’affari annuo stimato in 40 miliardi di euro, pari a oltre il 2% del nostro Pil. Stiamo parlando dell’economia criminale riconducibile alla Mafia Spa che, a titolo puramente statistico, presenta in Italia un “giro d’affari” inferiore solo al fatturato di Gse (Gestore dei servizi energetici), di Eni e di Enel. Sono dati, quelli relativi alle attività economiche criminali, che sono certamente sottostimati, in quanto non siamo in grado di dimensionare anche i proventi ascrivibili all’infiltrazione di queste organizzazioni malavitose nell’economia legale».
Il permesso dell’Ue
Tuttavia, aggiunge la Cgia, «se a parole tutti siamo contro le mafie, nelle azioni concrete non sempre è così. Infatti, è quanto meno “imbarazzante” che dal 2014, l’Unione europea, con apposito provvedimento legislativo, consenta a tutti i Paesi membri di conteggiare nel Pil alcune attività economiche illegali: come la prostituzione, il traffico di stupefacenti e il contrabbando di sigarette».
Grazie a questa scelta, nel 2020 (ultimo dato disponibile) l’Italia ha “gonfiato” la ricchezza nazionale di 17,4 miliardi di euro (quasi un punto di Pil). «Una decisione eticamente inaccettabile» – continua la Cgia – «da un lato lo Stato combatte e contrasta le mafie, dall’altro riconosce a queste organizzazioni criminali un ruolo attivo di “portatori di benessere economico“. In buona sostanza è come se sul piano statistico ammettessimo che anche una parte dell’economia illegale riconducibile a Mafia Spa è “buona e accettabile”. Insomma, una componente “positiva” della nostra ricchezza nazionale».
Mafia non più solo al Sud
«Come dimostrano gli studi, a livello territoriale la presenza più diffusa delle organizzazioni economiche criminali si registra nel Mezzogiorno, anche se ormai molte evidenze altrettanto inquietanti segnalano la presenza di queste realtà illegali nelle aree economicamente più avanzate del Centro-Nord. Secondo la Banca d’Italia presentano un indice di presenza mafiosa molto preoccupante le province di Roma, Latina, Genova, Imperia e Ravenna. Meno colpite delle precedenti, ma comunque con forti criticità si segnalano anche le provincie di Torino, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Varese, Milano, Lodi, Brescia, Savona, La Spezia, Bologna, Ferrara, Rimini, Pistoia, Prato, Firenze, Livorno, Arezzo, Viterbo, Ancona e Macerata».
«Oltre ai 17,4 miliardi di euro legati alle attività illegali (attraverso il traffico di droga, contrabbando di sigarette e prostituzione), il nostro Pil nazionale “assorbe” altri 157 miliardi di euro: di cui 79,7 sono “nascosti” dalla sottodichiarazione, 62,4 miliardi dal lavoro irregolare e 15,2 miliardi dalla voce Altro (ovvero, mance, affitti in nero, etc.). I 174,4 miliardi di euro complessivi (17,4 più 157), compongono la cosiddetta economia non osservata che è interamente conteggiata nel nostro Pil nazionale. Ancorché non sia possibile quantificarne la dimensione, è evidente che anche una parte importante di questo stock (157 miliardi) sia riconducibile alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, a dimostrazione che i 40 miliardi di volume d’affari richiamati all’inizio di questo documento addebitati a Mafia Spa sono, purtroppo, sottostimati» conclude la Cgia.