Recovery Fund, von der Leyen: «Serve un accordo in fretta»

Bruxelles, 20 Novembre – Lo stallo sul Recovery Fund per il momento perdura. La videoconferenza dei leader Ue non ha sbloccato il veto di Polonia e Ungheria sul pacchetto economico da 1.800 miliardi di euro. I governi nazionalisti di Mateusz Morawiecki e Viktor Orban continuano a tenere in ostaggio il futuro dell’Unione europea. Il ricatto dei due Paesi riluttanti sulla clausola che lega l’erogazione dei fondi al rispetto delle regole fondamentali della democrazia.

Charles Michel

Il messaggio emerso dalle parole del presidente del Consiglio europeo si basa sul rispetto dello stato di diritto. L’Unione non è disposta a fare compromessi. Il negoziato riprenderà già da oggi alla ricerca di una via d’uscita per liberare il Bilancio 2021-2027 e il Recovery Fund.

Angela Merkel

«Ungheria e Polonia hanno posto un veto alla decisione sul Recovery Fund e hanno detto chiaramente che non possono accettare la condizionalità sullo stato di diritto. Questo significa che non possiamo inviare la proposta al Parlamento europeo», ha dichiarato la cancelliera tedesca al termine della videoconferenza tra i leader Ue. «Non voglio fare speculazioni su come verrà risolta la questione con Ungheria e Polonia, dobbiamo continuare a lavorare e sondare tutte le opzioni possibili. Siamo ancora all’inizio della questione».

Ursula von der Leyen

«A luglio abbiamo trovato un accordo e abbiamo bisogno che l’intero pacchetto riceva il via libera, dobbiamo andare avanti», ha affermato la presidente della Commissione europea al termine del summit Ue. «La Commissione europea sostiene l’accordo trovato nei negoziati, e per me è anche importante per il futuro avere un bilancio. Con il meccanismo dello stato diritto dobbiamo trovare una soluzione, milioni cittadini aspettano una risposta in questa crisi senza precedenti e dunque continuiamo a lavorare sodo per raggiungere un accordo al più presto».

La videoconferenza

La riunione dei leader Ue su bilancio, Recovery e stato di diritto è durata poco più di un quarto d’ora. Il tempo sufficiente per un’introduzione di Michel e una descrizione dello stato dell’arte, scarna e pacata, formulata dalla cancelliera Angela Merkel nella sua veste di presidente di turno. Poi i riflettori si sono accesi su Orban e Morawiecki, che hanno presentato le ragioni del loro veto. Nessun altro intervento, se non quello del premier sloveno Janez Jansa, grande supporter del leader ungherese, che ha preso la parola per sostenere la causa di Budapest e Varsavia pur senza seguirle sulla strada del veto. Una discussione fredda e senza alzare i toni. Lo stesso Michel, prima dell’inizio, ha fatto contattare le delegazioni per assicurarsi che tutto restasse sotto controllo e nella calma più totale.

Oggi

Inizierà da oggi il vero scontro e sarà interessante capire fin dove Orban e Morawiecki vorranno spingersi. Gli strumenti in mano all’Ue per andare oltre il veto non mancano e le varie opzioni sono già al vaglio, con l’obiettivo di farvi eventualmente ricorso con gradualità.

Nessuno vuole la guerra con Ungheria e Polonia, per questo per il momento la presidenza di turno tedesca ha deciso di rimandare gli ultimi passaggi formali affinché la condizionalità sullo stato di diritto diventi legge ed entri in vigore subito, con effetto immediato sull’erogazione di tutti i fondi europei, compresi quelli in corso.

Prima la Merkel vuole provare a offrire rassicurazioni scritte per fugare le preoccupazioni di Budapest e Varsavia rispetto a un utilizzo arbitrario della clausola. Orban e Morawiecki temono possa essere usata come una clava per piegarli, ad esempio sui migranti. Ma anche se non si riuscisse a riportare i due leader a più miti consigli, la condizionalità sullo stato di diritto presto diventerà legge. Se dovessero insistere, potrebbero essere azionate quelle che qualcuno ha chiamato “le opzioni nucleari” dell’accordo intergovernativo o della cooperazione rafforzata per realizzare il Recovery Fund tagliandoli fuori.

 

Per un maggiore approfondimento vedi il relativo articolo su eurocomunicazione.com

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