Lavoro giovanile, anche prima della pandemia in netto calo

 

 

Roma, 3 Agosto 2021 – In Italia la situazione del lavoro giovanile già prima dell’avvento della pandemia presentava delle negatività molto spiccate.

L’Ufficio studi Confcommercio ha realizzato un’analisi sulla disoccupazione e la marginalizzazione delle giovani generazioni prendendo in considerazione il periodo che va dal 2000 al 2019: “Le giovani generazioni in Italia prima della pandemia”.

Nell’arco di questi 19 anni  i giovani occupati nella fascia d’età 15-34 anni sono diminuiti di 2 milioni e mezzo. Inoltre, nello stesso periodo, è aumentata la quota di giovani che non lavorano e non cercano un’occupazione (dal 40% al 50%).

Ma anche per chi l’impiego ce l’ha, le cose non vanno meglio

Tra il 2004-2019, si riducono di oltre un quarto i giovani lavoratori dipendenti (-26,6%) e risultano più che dimezzati gli indipendenti (-51,4%). Dato quest’ultimo che, letto insieme alla sparizione di 156mila imprese giovanili e alla “scomparsa” di 345mila giovani espatriati negli ultimi 10 anni, rende bene l’idea su quanto pesino nel nostro Paese gli ostacoli per i giovani all’iniziativa imprenditoriale.

Negli altri Paesi il lavoro giovanile non così in calo

Il quadro sconfortante dell’Italia è confermato, anche dall’analisi comparativa con altri Paesi. Negli ultimi 20 anni in Germania i giovani occupati sono diminuiti 10 volte di meno (-235mila contro 2,5 mln).  Insomma, è evidente che la questione demografica e quella giovanile rischiano di indirizzare il Paese verso un sempre più marcato declino. E non è un caso che ogni anno, in Italia, ci sono 245mila ricerche di lavoro insoddisfatte da parte delle imprese.

Pnrr in aiuto

Una risposta efficace potrà venire dall’attuazione di quanto è previsto nel Pnrr, che ha come priorità trasversali le donne, i giovani e il Sud. Ma per rilanciare l’imprenditoria giovanile e, in generale, l’occupazione delle giovani generazioni sicuramente occorrono meno tasse e burocrazia e politiche più orientate a ridurre i gap di contesto: microcriminalità, logistica, formazione del capitale umano.

Quali sono le cause?

Negli ultimi dieci anni l’Italia ha perso 156mila imprese giovanili, che ora pesano meno del 9% sul totale. Mentre nel 2011 tale quota era di circa 11 punti e mezzo. Questa pessima performance ha due cause: la prima è la demografia, la seconda è l’eccesso di difficoltà che incontra un giovane imprenditore potenziale nel realizzare il suo progetto lavorativo.

I “Neet” nel nostro Paese (giovani che non studiano, non lavorano e non si formano) fanno segnare un “record” europeo arrivando, prima della pandemia, a 2 milioni, pari al 22% dell’intera popolazione di quella fascia d’età (in Spagna sono il 15%, in Germania il 7,6%).

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