#iolochiedo: per una cultura del consenso

 

 

Roma, 19 Giugno 2023 – Secondo l’Oms (2021), nel Mondo una donna su tre nel corso della sua vita subisce violenze fisiche e/o sessuali, principalmente da parte di un partner intimo. Il report “Donne vittime di violenza”, pubblicato dal dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno lo scorso marzo, ha evidenziato come in Italia si registri un trend in crescita per le violenze sessuali: dal 2020, anno nel quale il dato era minore (4.497), l’incremento è significativo e si è attestato, nel 2022, a 5.991 eventi (+33% dal 2020).

Di fronte a un fenomeno così allarmante, per produrre un profondo cambiamento culturale, creare consapevolezza sul concetto di consenso e aumentare l’accesso alla giustizia per le sopravvissute allo stupro in Italia, Amnesty International Italia rilancia la campagna #IoloChiedo e ricorda che per sostenere questo impegno, è possibile destinare il proprio 5×1000 nella dichiarazione dei redditi all’Organizzazione leader nel Mondo per la tutela dei diritti umani, indicando il codice fiscale 03 03 11 10 582.

In Italia

Attualmente, il Codice penale italiano, all’articolo 609-bis, prevede che il reato di stupro sia necessariamente collegato agli elementi della violenza, della minaccia, dell’inganno, o dell’abuso di autorità. In nessun modo lo stupro è definitoun rapporto sessuale senza consenso”. Pertanto, Amnesty International Italia chiede al ministro della Giustizia che la legislazione italiana si adegui alle norme internazionali, modificando l’articolo 609-bis del Codice penale per considerare reato qualsiasi atto sessuale senza consenso.

«La Convenzione di Istanbul, il trattato internazionale di più vasta portata sul tema della violenza contro le donne, ha posto in maniera chiara il tema della necessità di passare dalla repressione alla prevenzione dell’abuso. Nonostante l’Italia abbia ratificato la Convenzione oltre dieci anni fa, il nostro codice penale non è aggiornato secondo le direttive del documento», spiega Tina Marinari, coordinatrice della campagna #IoloChiedo. «La nostra legge è ancora specchio di una cultura basata sulla discriminazione di genere, sullo sbilanciamento di potere nelle relazioni e sulla colpevolizzazione della persona offesa. La paura, la vergogna e la mancanza di fiducia nel sistema giudiziario non devono essere fattori di dissuasione, per donne e ragazze, dal denunciare le aggressioni e maltrattamenti subiti».

“Ma come eri vestita?”

Modificare una legge è certamente il punto di partenza, ma, di pari passo, va operato un cambiamento anche nelle percezioni e nella consapevolezza di tutti i cittadini. I dati Istat evidenziano come in Italia è più che mai radicato il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita per il modo di vestire (23,9% degli intervistati) o se sotto effetto di alcool e droghe (15,1%). Il 39,3% degli intervistati ritiene inoltre che una donna sia perfettamente, sempre, in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo desidera. Ancora, secondo un’indagine Ipsos condotta per Amnesty International Italia, il 31% ritiene che il rifiuto di una donna sia un modo perfarsi desiderare”: il famoso luogo comune secondo cui le donne direbbero “no”, intendendo al contrario “sì”.

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