In aumento ricoveri per infarto, +1.200 rispetto al 2021

 

 

Roma, 26 Ottobre 2023 – Nel 2022 si è registrato un lieve aumento dei ricoveri per infarto miocardico acuto (Ima), circa 1.200 in più rispetto al 2021, con un riavvicinamento parziale al trend prepandemico: la riduzione sul valore atteso rimane pari al 6,5% (circa 7.400 ricoveri in meno). Sono alcuni dei dati contenuti nel Programma nazionale esiti (Pne) presentato oggi dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas).

Per ciò che concerne la mortalità a 30 giorni dall’ammissione in ospedale, si è registrata nel 2022 una percentuale pari a 7,7%, poco al di sopra dell’atteso (7,0%), ma in diminuzione rispetto al 2020 (8,4%). In merito alla tempestività di accesso all’angioplastica coronarica (Ptca) in pazienti affetti da infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto Stemi, la proporzione effettuata entro 90 minuti è rimasta complessivamente costante nel triennio, passando da un valore mediano del 56% nel 2020 al 57% nel 2022.

10 strutture con proporzioni più elevate di Ptca

Considerando le strutture con almeno 100 ricoveri per Stemi, 65 su 152 presentano proporzioni di Ptca entro 90 minuti superiori alla soglia del Decreto ministeriale Dm 70/2015 (60%). Le 10 strutture che hanno proporzioni più elevate di Ptca eseguita tempestivamente sono la Casa di Cura Città di Lecce, l’Ospedale degli Infermi PonderanoBiella, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Mater Domini di Catanzaro, l’Azienda Ospedaliera Università Policlinico Tor Vergata di Roma, il Presidio Ospedaliero Giovanni Paolo II di Sciacca, l’Ospedale del Cuore G. Pasquinucci di Pisa, il Presidio Ospedaliero S. Antonio Abate di Erice, lo Stabilimento di Ascoli Piceno, lo Stabilimento di Pesaro e il Presidio Ospedaliero di Chiari (Brescia).

Relativamente al numero di ricoveri per Bac (Bypass aorto-coronarico) isolato, ossia non associato a interventi su valvole o endoarteriectomie, nel 2022 è proseguito il recupero del gap rispetto al trend prepandemico, con uno scostamento stimabile intorno a -10%, pari a circa 1.350 ricoveri in meno. Relativamente alla soglia minima dei 200 interventi/anno indicata dal Dm 70/2015, si è osservata nel 2022 una diminuzione delle strutture sopra soglia (11 rispetto alle 15 del 2021), corrispondente al 24% del volume complessivo dei ricoveri (era 33% nel 2021 e 23% nel 2020). La mortalità a 30 giorni per infarto rimane comunque al di sotto della soglia del 4% indicata dal Dm 70/2015.

Quelle con più più interventi di Bac

Le 11 strutture che hanno effettuato 200 o più interventi di Bac sono il Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, l’AOOR San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona di Salerno, Villa Maria Cecilia Hospital di Cotignola, l’Ospedale di Treviso, l’Ospedale del Cuore G. Pasquinucci  di Pisa, lo Stabilimento Umberto I – G. M. Lancisi di Ancona, il Policlinico Universitario Campus Biomedico di Roma, l’AOU Careggi di Firenze, il P.O. SS. Annunziata di Chieti, l’AOU Mater Domini di Catanzaro e l’Ospedale Civile di Legnano (Milano).

Per quanto riguarda gli interventi di valvuloplastica o sostituzione valvolare, è proseguita la ripresa già avviata nel 2021, con un progressivo riavvicinamento al trend prepandemico (-9,3% rispetto all’atteso), corrispondente a circa 3.800 ricoveri in meno. L’area cardiovascolare è valutata complessivamente attraverso 6 indicatori: Infarto miocardico acuto, mortalità a 30 giorni; Stemi, proporzione di trattati con Ptca entro 90 minuti dall’accesso nella struttura di ricovero/service; Scompenso cardiaco congestizio, mortalità a 30 giorni; Bypass aorto-coronarico isolato, mortalità a 30 giorni; Valvuloplastica o sostituzione di valvole cardiache, mortalità a 30 giorni; Riparazione di aneurisma non rotto dell’aorta addominale, mortalità a 30 giorni.

Le strutture con tutti e 6 gli indicatori

È applicata una soglia di volume per struttura per il bypass aorto-coronarico di almeno 360 interventi negli ultimi due anni. Laddove la soglia non venga raggiunta, l’indicatore è valutato come di qualità molto bassa indipendentemente dall’esito. Sul totale di 562 strutture che sono valutate col “treemap” (la nuova analisi di qualità degli ospedali dal 2016, ndr) in quest’area, sono solo 55 le strutture con tutti e sei gli indicatori calcolabili. Di queste, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze è l’unica struttura che raggiunge un livello di qualità molto alto.

Sono 17 le strutture che raggiungono un livello di qualità alto: Ospedale Mauriziano Umberto I di Torino, Humanitas Gavazzeni di Bergamo, Fondazione Poliambulanza di Brescia, Centro Cardiologico Fondazione Monzino di Milano, IRCCS San Raffaele di Milano, Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, Ospedale di Treviso, Ospedale di Mestre, Ospedale di Vicenza, Presidio Ospedaliero Cattinara e Maggiore di Trieste, Presidio Ospedaliero SMM di Udine, IRCCS Policlinico S. Orsola di Bologna, Stabilimento Umberto I – G. M. Lancisi di Ancona, Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, Az. Osp. Univ. Policlinico Tor Vergata di Roma, P.O. Clinicizzato SS. Annunziata di Chieti e AO OR S. Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona di Salerno.

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