In Argentina legalizzato l’aborto. Le scappatoie non mancano

Bruxelles, 30 Dicembre – In Argentina approvato un disegno di legge che legalizza l’aborto. Anche il Senato, dopo la Camera dei deputati ha votato sì all’interruzione volontaria di gravidanza. Precedentemente era ammessa nel Paese solo in caso di stupro o se la salute della donna era in pericolo.

Molti contrari

Legge ratificata definitivamente dal Senato con 38 voti favorevoli, 29 contrari e 1 astenuto.

Nel 2018 era già passata alla Camera, ma al Senato era prevalso il no. Questa volta il disegno di legge è approvato anche grazie all’introduzione di alcune modifiche al testo originario, all’inserimento dell’obiezione di coscienza (punto molto criticato dai movimenti femministi) e al sostegno esplicito del partito al Governo. Presentato a metà novembre dall’esecutivo del presidente Alberto Fernández.

Assistenza sanitaria e cura delle donne che scegliessero invece di portare avanti la gravidanza sono stati altri progetti di legge. Fernandez ha dichiarato: «il progetto dei 1000 giorni» – come è stato chiamato – «rafforza le cure integrali della donna durante la gestazione e dei suoi figli durante i primi anni di vita».

Movimento al fianco delle Donne

I fazzoletti verdi sono il simbolo del movimento “La Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal, Seguro y Gratuito”. Nato 15 anni fa per lottare insieme per la depenalizzazione e la legalizzazione dell’aborto. Aveva accolto in modo favorevole il progetto di legge giudicandolo l’esito di decenni di lotte e mobilitazioni femministe.

Da diversi anni la Campaña aveva presentato al Congresso argentino otto proposte di legge, tutte respinte. Tutte le precedenti iniziative, anche quella governativa, prevedevano la legalizzazione, la depenalizzazione e il riconoscimento del diritto ad un aborto legale, sicuro e gratuito fino alle 14 settimane di gestazione. Nella legge l’aborto è inserito nel programma medico obbligatorio (PMO), quindi come una prestazione medica di base, essenziale e gratuita.

Differenze

Differente è il tempo che può passare dalla richiesta all’accesso al servizio. 5 giorni nel disegno di legge della Campaña e 10 in quella ora approvata. La legge prevede anche la depenalizzazione delle donne e di chi pratica un aborto oltre le 14 settimane se non rientra nelle deroghe previste. Ma la differenza sostanziale è la possibilità dell’obiezione di coscienza. I movimenti hanno detto chiaramente che l’obiezione è «una porta verso il mancato rispetto della legge e un ostacolo all’accesso, come attualmente avviene (…) nei Paesi in cui l’aborto è consentito dalle legislazioni, generando ritardi, maltrattamenti, morbilità, mortalità materna e trasferimento del carico di lavoro a chi ne garantisce il diritto lavorando coscienziosamente».

La legge prevede il non rispetto di essa stessa

L’obiezione di coscienza è stata inserita nel testo durante l’esame in commissione insieme ad altre modifiche per facilitare l’approvazione del disegno di legge al Senato. Si prevede la possibilità di obiezione di coscienza individuale, ma di fatto anche di struttura e questo consentirà alle strutture ospedaliere private, spesso religiose, di non rispettare la legge. Ci sarà comunque l’obbligo di garantire il servizio attraverso il trasferimento in una struttura pubblica disponibile, facendosi carico di procedure e costi associati al trasferimento. L’altra modifica riguarda l’accompagnamento e la tutela della privacy per le bambine e le adolescenti tra i 13 e 16 anni che, a seguito di uno stupro, vogliano abortire.

Proteste

Diverse la manifestazioni di protesta nelle settimane precedenti all’approvazione alla Camera contro il diritto all’aborto. Avevano il sostegno della Conferenza episcopale locale, la quale aveva spiegato che «per la prima volta, in Argentina e in democrazia, potrebbe essere varata una legge che include la morte di una persona per salvarne un’altra». A fine novembre sulla questione era intervenuto direttamente anche il Papa con una lettera in cui ringraziava le “mujeres de las villas”, una rete di donne antiabortiste. Le incoraggiava ad «andare avanti» dicendo che «il Paese è orgoglioso di avere donne così», ed esortava tutti a porsi due domande. «Per risolvere un problema, è giusto eliminare una vita umana? Ed è giusto assumere un killer?».

Casi particolari

In Argentina, prima dell’approvazione della nuova legge, si poteva interrompere volontariamente una gravidanza solo nel caso in cui fosse dovuta a uno stupro o mettesse in pericolo la vita della donna. L’Interrupción Legal del Embarazo (Ile), introdotta nel 2015 riprendeva le linee guida stabilite da una sentenza sull’aborto per stupro del 2012 della Corte Suprema. Stabiliva che le donne stuprate potessero interrompere una gravidanza senza autorizzazione giudiziaria e senza essere perseguite penalmente. Nonostante questo, in molte regioni del Paese la legge non veniva applicata o veniva ostacolata in tutti i modi. Le donne che ricorrevano all’aborto clandestino, poi, rischiavano una condanna e il carcere. Un rapporto diffuso recentemente dice che dal 2019 ci sono stati almeno 852 casi avviati nei tribunali contro donne che hanno abortito.

 

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