Roma, 20 Aprile 2022 – Ieri i comandi dell’esercito russo avevano intimato alle truppe ucraine, trincerate oramai da settimane all’interno dei meandri dell’acciaieria Azovstal, di arrendersi entro le 14 locali, corrispondenti alle 13 italiane. Ma le ultime sacche di resistenza, che sono costitute dai rimasugli della 36ma brigata della marina nazionale, dal battaglione Azov e da alcuni miliziani stranieri, non hanno dato alcun segno di resa. Gli assediati, sebbene le notizie in merito nei giorni scorsi abbiano fatto intendere diversamente, sembrerebbe che abbiano a disposizione ancora delle scorte sufficienti in termini di armamenti e munizioni.
I tunnel garantiscono una protezione notevole. Perché consentono alle forze ucraine di muoversi in totale copertura. E di poter organizzare dei contrattacchi imprevedibili nei confronti delle milizie assedianti, costituite in quella zona principalmente da ceceni. I cunicoli, che sono stati costruiti nel corso dell’epoca sovietica, si diramano per oltre venti chilometri al di sotto degli stabilimenti dell’acciaieria. Per di più sono dislocati su una complessa struttura di cinque piani. Questo tipo di costruzione si può considerare quindi come una e vera propria fortezza sotterranea.
Il comandante della 36esima brigata della marina ucraina, Sergiy Volyna, si trova asserragliato all’interno dell’Azovstal. In un messaggio inoltrato attraverso un proprio canale telematico ha fatto un appello disperato, «potrebbero essere i nostri ultimi giorni, le nostre ultime ore». Il comandante si è rivolto in particolare a tutta la comunità internazionale affermando che, «il nemico è dieci volte più numeroso di noi. Facciamo appello a tutti i capi di Governo mondiali affinché possano darci una mano. Chiediamo loro di portarci all’interno dei territori di un Paese terzo».
Sergiy Volyna ha infine fatto cenno alla superiorità militare dell’esercito nemico contro cui si trovano a combattere, «hanno il vantaggio nell’aria, nell’artiglieria, nelle forze di terra, nell’equipaggiamento e nei carri armati. Difendiamo solo un punto, la fabbrica Azovstal, dove oltre ai soldati anche i civili sono diventati delle potenziali vittime di questo conflitto».
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