Ansia e Covid: uno stretto legame anche nella seconda ondata

L’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) lancia l’allarme sulla necessità di tutelare la nostra salute mentale. Ha diramato un vademecum su come affrontare il tema e quali precauzioni adottare distinguendo varie categorie della popolazione: anziani, personale sanitario, parenti delle vittime, persone contagiate, bambini.

Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sottolineato come «la pandemia abbia prodotto, tra le sue tragiche conseguenze, un incremento delle condizioni di disagio psichico».

Studi effettuati

Un maxi-studio condotto presso l’Università di Bristol e pubblicato sul British Journal of Psychiatry rivela che i livelli di ansia sono raddoppiati in era Covid tra i giovani. Ne soffre quasi uno su 4, mentre prima della pandemia i casi di disturbi d’ansia si assestavano intorno a uno su 8 giovani di 27-29 anni.

Lo svolgimento

La ricerca ha coinvolto due gruppi distinti di giovani adulti. Circa 14.500 arruolati dalla nascita in uno studio longitudinale, e poi altri 4000 mila partecipanti a uno studio indipendente. Sin dall’inizio della pandemia e già con il primo lockdown il 24% del campione (quasi uno su 4) manifestava disturbi d’ansia. Nello stesso periodo degli anni precedenti era il 13% del campione a soffrire di ansia. Le categorie più vulnerabili sono risultate le donne, le persone con un’occupazione non stabile. Ma anche gli individui che vivono da soli, persone con disturbi pregressi come la depressione.
L’aumento della diffusione dell’ansia è risultato coerente in entrambi i campioni e persistente anche alla fine del lockdown nella prima ondata pandemica. I due gruppi saranno esaminati di nuovo entro fine anno per verificare la situazione in questa seconda ondata pandemica.

In caso di contagio

1 persona su 5 circa soffre di disturbi psichiatrici dopo aver avuto una diagnosi di Covid-19. Questo accade tra i 14 e i 90 giorni post contagio e tra i disturbi più frequenti ci sono la depressione, l’ansia e l’insonnia. Questo è quanto emerge da uno studio condotto dal Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Oxford negli Stati Uniti d’America e pubblicato sulla rivista The Lancet Psychiatric. Fatto su 69 milioni di cartelle delle quali 62.354 mila erano con diagnosi di Codi-19. Emerge anche che chi corre più rischi sono le persone adulte.

Post Covid

Massimo Cozza del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL Roma 2 comunica che lo studio su indicato è davvero importante e per questo in  Italia a fronte della nuova diffusione della pandemia si dovrebbe implementare «la capacità di risposta della rete pubblica della salute mentale delle Asl».

Il problema di questa seconda ondata secondo il dottore è che, oltre all’insonnia, all’ansia e allo stress si stanno evidenziando anche altri fenomeni come la rabbia e la depressione che non si rilevavano nella prima ondata. Questi fenomeni si riscontrano soprattutto in due tipologie di soggetti: quelli che hanno vissuto in prima persona l’aspetto sanitario (chi è stato male o ha perso una persona cara) e quelli che hanno perso il lavoro a causa della pandemia.

Il rapporto tra i disturbi psichiatrici ed il Covid-19 secondo lo psichiatra potrebbero dipendere dalla storia di ciascun individuo. Dalle proprie condizioni sociali, relazionali ed economiche. Non è nemmeno da escludere che possa derivare da fattori biologici che devono essere ancora identificati. Cozza suggerisce quindi a chi si trova in condizioni di malessere crescente di parlare con il proprio medico di base o con i propri familiari. Qualora, poi, i disturbi dovessero continuare sarebbe opportuno rivolgersi ad uno psicologo/psichiatra o ad un centro di salute mentale.

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