Terremoto, Irpinia: 40 anni fa la tragedia più grande del Belpaese

Sant’Angelo dei Lombardi, 23 Novembre – Sono passati 40 anni da quel terribile terremoto di magnitudo 6.9 (decimo grado della scala Mercalli all’epicentro). L’orologio segnava le 19:34 del 23 novembre 1980 quando la Campania e la Basilicata furono colpite dalle violenti scosse. Le onde arrivarono fino alla Pianura Padana a nord e alla Sicilia a sud. Paesi bellissimi e suggestivi rasi al suolo, una tragedia umana enorme segnata da quasi tremila morti, più di ottomila feriti e 300mila senzatetto. Simbolo di quella tragedia resta il crollo del soffitto della Chiesa Madre di Balvano (Potenza) che seppellì 66 persone, per la maggior parte bambini e ragazzi, di fatto cancellando una generazione del paese.

Ricordi

La ricostruzione, oggi, è quasi completata, ma la ricorrenza del 40° anniversario restituisce ricordi drammatici.

Il sisma non aveva fatto solo lutti e rovine. I gemiti che nei giorni successivi al terremoto continuavano a essere uditi dalle macerie a causa dei ritardi nei soccorsi erano dilanianti. In quegli anni il presidente della Repubblica era Sandro Pertini, il quale richiamò all’ordine l’Italia sugli aiuti da dare, e successivamente sulla ricostruzione.

Ricostruzione

«Io a voi, ragazzi della Basilicata» – disse nel 1991 l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga – «vorrei rivolgere un invito: il mio invito è ad avere il coraggio di rimanere in questo sfortunato Mezzogiorno, e in questa povera vostra terra di Calanchi».

Il processo di ricostruzione delle case fu molto lento. Con l’arrivo del freddo e della neve la situazione per gli sfollati fu veramente drammatica. Si rifugiarono nelle tende, nei vagoni ferroviari, nelle roulotte, nei container. Poi arrivarono i prefabbricati che per quanto precari sembravano un vera abitazione.

Infine arrivarono a devastare ancora di più la situazione, le ruberie di tanti sciacalli. Decine furono le inchieste giudiziarie. Allungarono le mani sulle ingentissime risorse stanziate dallo Stato – oltre 50mila miliardi di lire, risulta nella relazione conclusiva presentata nel 1991 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta da Oscar Luigi Scalfaro. Ridimensionato ai minimi termini, in particolare, il futuro di sviluppo industriale che era stato disegnato per quelle aree.

I lavori

Si avviò finalmente la macchina dei soccorsi, guidata da Giuseppe Zamberletti (morto il 26 gennaio dello scorso anno), nominato commissario straordinario del Governo. Stato, Regioni ed Enti locali chiamati a fare sistema, e ancora oggi quella struttura di Protezione Civile è parte integrante del Paese. Un impulso prezioso per intraprendere un cammino di rinascita arrivò dalla generosità e dalla solidarietà degli italiani e di tanti Paesi esteri. Le costanti azioni dei sindaci e degli amministratori locali, ai quali furono delegate molte competenze; dall’intervento delle forse armate, della Chiesa e del volontariato.

La legge

Anche la classe politica seppe essere compatta. In tempi rapidi fu approvata la legge 219 (maggio 1981) per la ricostruzione delle case nei complessivi 506 comuni danneggiati delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Foggia, Napoli, Potenza e Salerno, ma anche per lo sviluppo industriale di quelle aree.

Oggi

L’opera di recupero del patrimonio edilizio, sia pure tra ritardi e lentezze e con tempi diversi da provincia a provincia, è stata quasi ultimata sia in Campania, sia in Basilicata. La prospettiva di sviluppo industriale, invece, è rimasta per gran parte inattuata. Pochissime aziende sono in attività, molte imprese dichiararono fallimento qualche tempo dopo aver percepito i contributi pubblici.
Sulle macerie del terremoto del 1980 è nata, infine, l’Università della Basilicata, pensata come modello di eccellenza per l’intero mezzogiorno. L’obiettivo fu quello di fermare, o almeno rallentare, l’emigrazione giovanile dal sud verso altre aree del Paese e verso l’estero.

 

 

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