Attualità

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, ancora senza giustizia

 

Roma, 20 Marzo 2024 – Ilaria Alpi aveva solo 33 anni quando venne uccisa a Mogadiscio, Capitale della Somalia, col suo assistente Miran Hrovatin. La giornalista inviata del tg3 Rai e l’operatore escono dall’albergo dove erano entrati per parlare con un collega. Il tempo di salire sulla Toyota bianca e sono uccisi dai kalashnikov di un commando che immediatamente dopo fugge via.

Nel giorno del trentesimo anniversario dell’uccisione, l’Ordine nazionale dei giornalisti dedica loro un evento, per ricordarli attraverso le immagini del loro lavoro, le parole di chi li ha conosciuti e la denuncia di chi ha sempre lottato perché non si spegnessero i riflettori, su questa vicenda ancora oggi senza verità e giustizia. L’evento, seguito in diretta da Eurocomunicazione, è visionabile su YouTube (https://www.youtube.com/watch?v=0Yo_mxoSE1E) e su Facebook (https://www.facebook.com/Eurocomunicazione/videos/3840952476232272

Nessuna giustizia per loro

Ilaria Alpi aveva alle spalle l’esperienza di molti reportage in Somalia, si occupava della guerra, del malaffare e della condizione femminile. Laureata in lingua araba all’Università del Cairo conosceva bene il mondo islamico, sapeva perfettamente quel che faceva. Lavorava sui traffici illeciti di ogni tipo, in particolare, quando perse la vita il 20 marzo 1994, si stava occupando di quello di rifiuti tossici. Molto si è compreso in questi anni sui motivi per cui Ilaria e Miran eranoscomodi“, ma una verità giudiziaria non c’è mai stata, ai nomi dei colpevoli non si è mai arrivati. Nonostante gli sforzi dei familiari, e in particolare di Luciana Alpi.

Non ha portato frutti neanche la Commissione parlamentare d’Inchiesta presieduta dall’onorevole Carlo Taormina, basata su fatti poi smentiti, a cominciare dall’identificazione dell’automobile su cui viaggiavano i giornalisti Rai. Ci sono misteri e depistaggi che hanno segnato questa vicenda, a cominciare girato di Miran sottratto e ricomparso dopo più di un mese, appunti e documenti spariti, i soccorsi mancati sul luogo del delitto e l’autopsia non eseguita. Eppure c’erano diverse piste su cui indagare, mai prese in considerazione. Fatti, come il fermo che impedì ai giornalisti di prendere l’aereo dalla Città di Bosaso solo 4 giorni prima dell’assassinio. E infine un capro espiatorio, la condanna e poi l’assoluzione di un innocente, Hashi Omar Hassan. Alla sua implicazione Giorgio e Luciana Alpi non hanno mai creduto. L’inchiesta giudiziaria della Procura di Roma è ancora aperta.

Ginevra Larosa

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