Attacco hacker filorussi per Csm e Viminale

 

 

Roma, 13 Maggio 2023 – Il gruppo di hacker russi NoName057 ha rivendicato su Telegram alcuni attacchi lanciati a siti istituzionali italiani, in concomitanza con la visita a Roma del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Secondo quanto scritto dal gruppo, sono stati assaltati dai pirati informatici i siti del Viminale e quello del Consiglio superiore della Magistratura, attualmente accessibili.

Viminale

L’attacco al sito del ministero dell’Interno è stato annunciato da NoName057 con l’affermazione “Mettiamolo fuori uso”. Si tratta dei classici attacchi DDos, che puntano a saturare la funzionalità di alcuni servizi, ma non sono attacchi distruttivi. Nel mirino dei pirati sono finiti in queste ore anche siti istituzionali lituani.

Csm

Quanto all’assalto sferrato al sito del Consiglio superiore della magistratura, chiamato dagli hacker “Supremo Consiglio Giudiziario d’Italia”, è stato organizzati dai pirati collegando la loro azione odierna proprio al viaggio di Zelensky “Bandera” (Stepan Bandera, guida del movimento nazionalista ucraino durante la Seconda guerra mondiale e vicino all’ideologia nazista).

L’errore

Mentre il sito del Consiglio superiore della magistratura è stato oscurato ma è tornato subito raggiungibile, quello del Viminale non ha mai avuto problemi ed è sempre regolarmente online. Anche perché in questo caso gli attivisti avrebberosbagliatodominio: si sono mossi per attaccare il sito interno.it e non quello corretto interno.gov.it.

Le parole della rivendicazione

NoName057 nella sua rivendicazione su Telegram ha insistito sulla presenza del leader ucraino in queste ore a Roma: «Zelensky è in Italia per recitare la solita commedia. A caccia di soldi, nulla di nuovo». Già a fine marzo lo stesso gruppo di hacker russi aveva ripetutamente colpito diversi siti istituzionali, da quello della Corte Costituzionale alle pagine web del ministero dei Trasporti pubblici.

Avevano provato a buttare giù, sempre con attacchi D-Dos, il sito dei Carabinieri e del Gruppo Tim, quello del ministero del Lavoro e già per la prima volta del Consiglio Superiore della Magistratura, ma senza successo.

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