Trump su Gaza: «Trasformarla in zona di libertà»

Roma, 16 Maggio 2025 – «Ho delle idee per Gaza che ritengo piuttosto valide, trasformarla grazie al coinvolgimento degli Usa in una zona di libertà dopo anni segnati dalle violenze. Credo sarei orgoglioso se ci riuscissimo». Così il presidente statunitense Donald Trump torna a parlare della situazione nella Striscia di Gaza mentre è impegnato in Qatar per la prima visita estera ufficiale dal secondo mandato.

 

Parlando poi alle truppe nell’ambito del tour nel Golfo, ha sottolineato che la sua priorità in qualità di presidente è porre fine ai conflitti, «ma non esiterei mai a schierare la forza americana, se necessario per difendere gli States o i suoi partner. Il mio bilancio 2026 include sostanziali aumenti di stipendi per i membri del servizio».

Nessun aiuto umanitario dal 2 marzo

Intanto la situazione nella Striscia di Gaza diventa sempre più complessa, in particolar modo dopo gli ultimi bombardamenti nei pressi degli ospedali (colpito anche quello europeo, unico a fornire cure oncologiche).

Israele convoca l’ambasciatrice spagnola Ana Salomon Perez, dopo che il presidente Pedro Sanchez l’ha appellato Stato genocida”.

Federico Borello, direttore di Human Rights Watch, denuncia il blocco totale degli aiuti umanitari ponendo l’accento sul fatto che Tel Aviv «ha trasceso le tattiche militari per diventare uno strumento di sterminio».

Argomento che preoccupa anche il segretario di Stato americano Marco Rubio che, ad Antalya, ha dichiarato ai giornalisti di aver parlato con il premier israeliano Benjamin Netanyahu in merito al blocco, ribadendo che “gli Usa non sono immuni alle sofferenze della popolazione di Gaza, dove non arrivano aiuti umanitari dal 2 marzo.

Pronta la carovana solidale

In tema di aiuti umanitari oggi parte dall’Italia una carovana solidale diretta al valico di Rafah e composta da 60 persone tra medici, operatori umanitari, giornalisti e parlamentari europei per chiedere l’ingresso degli aiuti a Gaza. Oggi, 16 maggio, la delegazione comincerà i lavori al Cairo, dove incontrerà la diaspora palestinese, l’ambasciata e la popolazione sfollata dal genocidio che rimane in condizione di sicurezza molto precaria. Lì riceveranno i lasciapassare dalle autorità per attraversare il Sinai militarizzato e dirigersi al lato egiziano del valico di Rafah.

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