Spazio, la prima foto dell’Osservatorio Vera Rubin

 

Roma, 20 Gennaio 2025 – Una foto composta da nove pannelli per una porzione di cielo dalle dimensioni doppie rispetto all’area della Luna. Questa è la prima fotografia scattata dall’Osservatorio Vera Rubin, fiore all’occhiello per l’osservazione e lo studio dei fenomeni cosmici cosiddetti “messaggeri” (tutti quegli elementi presenti nello Spazio in grado di trasmettere dati agli scienziati come neutrini, raggi cosmici e particelle subatomiche) dotato degli ultimi ritrovati in campo tecnologico e con una fotocamera da 3.200 megapixel, la più grande al Mondo, in grado di esplorare contemporaneamente una vasta porzione di cielo.

«Un successo strepitoso» commenta Victor Krabbendam, responsabile del programma Vera Rubin, sottolineando che il telescopio sarà ufficialmente operativo entro metà 2025 quando la fotocamera utilizzata in fase di test sarà sostituita con la definitiva LsstCam che permetterà di coprire un’area 45 volte le dimensioni della Luna. Secondo gli scienziati dopo una fase sperimentale le prime foto saranno diffuse entro luglio.

Vera Rubin

Realizzato a partire dal 2015 e ultimato nel 2022 e finanziato dal dipartimento dell’Energia e dalla Fondazione per le Scienze Usa, inizialmente chiamato Large Synoptic Survey Telescope (LSST) e situato sulle Ande cilene deve il suo nome a Vera Rubin, l’astronoma che grazie ai suoi studi sulla catalogazione e rotazione delle galassie, nel 1978 ha scoperto l’esistenza della materia oscura mentre portava avanti uno studio sulla curva di rotazione della galassia di Andromeda in qualità di ricercatrice per la Carnegie University di Washington.

Proprio la materia oscura è uno degli obiettivi di studio del Vera Rubin, oltre alla realizzazione di una completa mappatura sistematica del cielo australe che, grazie a un sistema di puntamento che richiede tre minuti, potrà fornire agli addetti ai lavori informazioni e dati di rilievo sugli eventi cosmici, e temporali, incrociando le informazioni con altri telescopi agevolando l’identificazione di piccoli oggetti del Sistema Solare.

Non solo, grazie alle sue caratteristiche potrebbe sciogliere l’annosa questione sull’esistenza del possibile Pianeta Nove (o X inteso come incognito), un Pianeta ghiacciato situato oltre l’orbita di Nettuno, la cui massa sarebbe cinque volte superiore a quella della Terra.

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