Usa, Antitrust: “Google deve vendere Chrome”

 

New York, 19 Novembre 2024 – Google potrebbe non essere più proprietaria del browser Chrome. A stabilirlo è l’antitrust americana che ha richiesto un’intervento del Dipartimento di Giustizia nei confronti di Alphabet (l’azienda proprietaria di Google).

Stando a quanto riportato anche dall’agenzia Bloomberg i funzionari dell’antitrust avrebbero dato inizio a un’azione legale contro Google, chiedendo al giudice di attuare delle misure relative all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e al sistema operativo Android, sulla scia della sentenza di Agosto scorso con cui si accusava l’azienda di monopolizzare il mercato delle ricerche (secondo alcuni dati possiede il 61% del mercato americano ed è il più usato al Mondo). Antitrust e alcuni Stati, costituitisi parte civile, chiederanno, nell’incontro di mercoledì con il giudice federale Amit Mehta, di imporre requisiti di licenza dei dati.

Google pronta al ricorso

Google quindi potrebbe essere costretta a vendere Chrome, anche se gli esperti sottolineano le difficoltà di una manovra così esosa sostenibile da poche aziende. Esempio fra tutte Amazon, anche lei però nel mirino dell’antitrust che potrebbe vietare tale manovra economica. La sentenza di agosto secondo cui Google ha violato le leggi sia nei mercati della ricerca online che in quelli degli annunci di testo di ricerca è seguita a un processo di 10 settimane l’anno scorso. L’azienda ha dichiarato di voler presentare ricorso. Il giudice ha fissato un’udienza di due settimane ad aprile per stabilire quali modifiche Google deve apportare per porre rimedio al comportamento illegale e prevede di emettere una sentenza definitiva entro agosto 2025.

Da Google, il vicepresidente degli affari normativo, Lee-Anne Mulholland, attacca il Dipartimento di Giustizia sostenendo che questo «promuove un programma radicale che va oltre le questioni legali del caso» e conclude accusando il Governo statunitense, che ha un peso nella questione, di danneggiare in questo modo non solo i consumatori ma anche gli sviluppatori e di mettere in pericolo la leadership tecnologica americana «in un momento così importante». Accuse a cui non sono seguite risposte o commenti da parte del Dipartimento.

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