Roma, 18 Agosto 2024 – Tanta paura, ma nessun morso. Una notte da incubo quella trascorsa da una donna nella sua abitazione vicino Roma. Intorno alla mezzanotte, ha rinvenuto quattro ragni in casa. I primi due nella zona lavanderia, il terzo nel corridoio e il quarto nella camera del figlio di otto anni. Dopo una prima identificazione, i sospetti hanno lasciato spazio alle certezze: si trattava di tre casi di ragno violino e un quarto sospetto. «È stata coraggiosissima mamma Erika e nonostante il panico iniziale è riuscita a gestire al meglio la situazione», racconta l’esperto Andrea Lunerti intervenuto nel cuore della notte, a Capena, per ripristinare la sicurezza nella villetta.
Conosciuto anche come Loxosceles rufescens, il ragno violino è un aracnide caratterizzato da una macchia a forma di violino abbastanza riconoscibile sulla schiena. Ha un colorito marrone tendente al giallo e le dimensioni non vanno oltre i 10 millimetri. «Sono ragni generalmente pacifici, raramente, se disturbati, mordono», spiega Lunerti. In vetta alla classifica dei nascondigli prediletti, ci sono rocce, luoghi umidi, crepe dei muri e solai. «Scelgono i luoghi antropizzati attraverso le intercapedini domestiche. Qualunque spazio diventa un’area perfetta per fuggire dai loro predatori naturali e approfittare degli invertebrati di cui si nutrono».
Diversi i casi di avvistamenti a Roma e nelle campagne. «Il ragno violino c’è da sempre, la presenza è costante in molti posti e raramente raggiungono gli ambienti intimi. Il loro morso poi» – osserva l’etologo – «è impercettibile: non ce ne rendiamo conto fintantoché non riscontriamo veri e propri sintomi, nella maggioranza dei casi si tratta di un effetto locale e, nei casi peggiori, una necrosi sulla pelle. È l’unico morso che causa la cancrena dei tessuti della zona lesa. Attenzione ai luoghi umidi e a sigillare ogni toppa che impedisca l’accesso in casa».
Cosa fare se si viene morsi
Secondo gli esperti del centro antiveleni del Policlinico Gemelli, prima di tutto «la reazione è variabile a seconda del punto di inoculazione del veleno e dalla quantità di sostanza tossica introdotta. La sintomatologia può essere lieve fino a una forma di necrosi della parte colpita (anche se quest’ultima avviene in casi rari). La terapia iniziale è una pulizia locale con acqua ossigenata e nei casi più seri (prurito, eritema, nausea e vomito) è opportuno recarsi in un pronto soccorso dove verrà somministrato del cortisone per via endovenosa o una terapia antibiotica (locale), secondo quanto stabilito dal medico».