Roma, 27 Giugno 2024 – Clima teso in Bolivia dopo il tentativo di colpo di Stato dell’ex comandante in capo Juan José Zuñiga. Nel pomeriggio di ieri, un manipolo di soldati da lui guidato (si parla di un centinaio di uomini) ha fatto irruzione nel palazzo del Governo durante una riunione di gabinetto del presidente Luis Arce.
La vicenda
Il presidente, era infatti impegnato nella nomina dei nuovi vertici militari e il nuovo generale, Jose Wilson Sanchez Velasquez, dopo aver destituito ieri mattina Juan José Zuñiga a causa di alcune minacce pubbliche nei confronti dell’ex presidente Evo Morales dello stesso movimento politico di Arce (da qui il tentativo di golpe). I soldati, riunitisi nella Plaza Murillo, sulla quale si affacciano i palazzi istituzionali della Bolivia si sono ritirati quasi subito, dopo il giuramento del neo generale Velasquez che ha dato l’ordine di tornare nelle caserme esortando Zuñiga a evitare inutili spargimenti di sangue.
Non sono mancati i feriti tra la folla, circa 12, a causa di alcuni colpi sparati dai militari, confermati dal ministro della Presidenza Maria Nella Prada e dal ministro della Sanità María Renée Castro che ha sottolineato «la celerità di intervento delle brigate mediche che hanno trasferito i feriti negli ospedali cittadini competenti».
Non solo l’Ue contro il golpe
Mentre Edmundo Novillo, ministro della Difesa rassicura la popolazione invitandola a «riprendere le proprie attività poiché è tutto sotto controllo» e Zuñiga sarà processato insieme all’ex generale della Marina della Bolivia Juan Arnez Salvador entrambi ritenuti i principali responsabili del colpo di Stato, diverse sono le istituzioni e i Paesi che condannano quanto accaduto. Non solo Cuba e gli Usa invitano alla calma, una nota della Farnesina rende noto che il ministero degli Esteri italiano “segue la vicenda con attenzione insieme Unità di Crisi e l’Ambasciata d’Italia in Bolivia”. Anche Josep Borrell, Alto rappresentante Ue «condanna qualsiasi tentativo di sconvolgere l’ordine costituzionale e di rovesciare i Governi democraticamente eletti».