Bruxelles, 3 Marzo – Ppe addio. Viktor Orban ha sbattuto oggi la porta in faccia al centrodestra Ue, abbandonando ufficialmente il gruppo del Partito popolare europeo all’Europarlamento, dopo una difficile convivenza durata anni. Ad annunciare il divorzio, con il ritiro della delegazione dei 12 eurodeputati magiari, è stato lo stesso premier conservatore ungherese – in passato per ben tre volte vicepresidente Ppe, a cui oggi dice addio, nel 2002, nel 2006 e 2009 – in una lettera al tedesco Manfred Weber, capogruppo Ppe. Nella stessa ha contestato le modifiche adottate alle regole del gruppo sulle sospensioni ed esclusioni, definendole “una mossa ostile contro Fidesz e i nostri elettori”.
Salvini in soccorso all’amico Orban
Per il leader di Budapest, quanto deciso oggi dal Ppe è stato “antidemocratico, ingiusto e inaccettabile”. Pochi minuti dopo la notizia dell’addio, Matteo Salvini ha scritto a Orban per ribadire “amicizia e vicinanza con il popolo ungherese“. I due in videoconferenza hanno poi discusso di piano vaccinale, rilancio economico, controllo dell’immigrazione e tutela della famiglia. Simpatia e solidarietà ai colleghi ungheresi è giunta anche dai co-presidenti del gruppo Ecr (presieduto da Giorgia Meloni), Ryszard Legutko e Raffaele Fitto. “Con la decisione odierna, è ovvio che il Ppe ha perso anche l’ultimo residuo della sua originale anima cristiana”, hanno affermato i due politici conservatori.
La dichiarazione di Weber
Un boccone amaro e difficile da digerire invece per il pontiere Weber, che nella decisione presa da Orban non vede né vincitori, né vinti. Il bavarese si è detto “dispiaciuto” nel “perdere dei colleghi” e ha parlato di una “giornata triste”, sottolineando infine le distanze. “Non condividono più i valori che sono alla base del Ppe, come i valori di De Gasperi, Schuman, Adenauer e Kohl. Loro se ne sono andati via, noi no”. Quella tra Fidesz e il gruppo del centrodestra europeo – nel quale siedono fra gli altri il partito di Angela Merkel e Forza Italia – è stata una coabitazione spesso forzata, per alcuni una telenovela, per altri un ring da combattimento con confronti aspri e divergenze.
Posizioni spesso borderline col Ppe
Un braccio di ferro su quasi tutto, dal concetto di Europa al sovranismo, allo stato di diritto, tema quest’ultimo sfociato in un dramma quando Budapest pose il veto sul Recovery Fund, poi ritirato ai tempi supplementari a fine luglio, anche grazie alla mediazione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, anche lei espressione del Ppe. Diverbi che hanno portato alla sospensione sine die di Fidesz dal Partito Popolare europeo guidato dal polacco Donald Tusk (presidente del partito) nel corso dell’assemblea politica annuale a inizio 2020.
Ungheresi nel partito senza diritto di voto
Da allora gli ungheresi non hanno più il diritto di partecipare alle riunioni del partito. Sono privati del diritto di voto – decisione peraltro presa a stragrande maggioranza: 190 favorevoli e 3 contrari – e non possono presentare candidati per posti interni. Con l’addio al Ppe sortito da Orban il gruppo del Partito popolare passa ora da 187 a 175 deputati, ma resta sempre davanti rispetto ai Socialisti e democratici (S&D) che hanno 145 seggi. Gli interrogativi che si aprono adesso riguardano la futura collocazione di Fidesz a Strasburgo. Un avvicinamento al gruppo dei Conservatori Ecr (dove c’è Fratelli d’Italia) non è da escludere. Ma anche a quello sovranista di Identità e democrazia, dove siede la Lega. La partita è aperta.