Bruxelles, 7 Dicembre – Rimangono sul tavolo le differenze tra Unione europea e Regno Unito in vista della riunione di oggi. Le distanze maggiori sono quelle intorno al level playing field governance e pesca.
Linea calda da Sabato 5 dicembre
Nel comunicato dell’altroieri, la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen e il primo ministro britannico Boris Johnson hanno dato mandato ai rispettivi capi negoziatori Michel Barnier e David Frost di verificare in una riunione se le due posizioni possono essere conciliate. «Nessun accordo è fattibile se non vengono risolti» aveva chiarito la von der Leyen al termine della telefonata con Johnson dopo che i negoziati erano stati messi in pausa.
Pesca
Un nodo rilevante è costituito dalle politiche della pesca. Il Regno Unito starebbe cercando di assicurarsi almeno un valore di 300 milioni di euro dal ricavato dell’intero pescato ottenuto da imbarcazione dei Paesi Ue in acque britanniche. Londra concederebbe solo tre anni di permanenza dell’attuale regime. Questo significherebbe più della metà del profitto in questione. La proposta europea riguardo alle acque territoriali è molto lontana dalle richieste di Londra. Barnier ha indicato che il valore ricavato dal pescato in acque britanniche che i Paesi Ue sarebbero disposti a cedere si aggira tra il 15 e il 18%. Ieri a Bruxelles Michel Barnier e David Frost hanno espresso una certa difficoltà nel superare le criticità che ancora ci sono sulla strada dell’accordo.
Governance
Molte divergenze anche sulla governance. La quale dovrebbe assicurare la soluzione delle controversie in occasioni di futuri problemi nelle relazioni fra le due, anche quando il Regno Unito diventerà a tutti gli effetti un Paese terzo.
Level playing field
L’Unione europea vuole essere certa che qualità dei prodotti, diritti del lavoro e ambiente non siano utilizzati per innescare gare al ribasso a favore del Regno Unito. Johnson considera la libertà di manovra in fatto di regolamenti e legislazione come un elemento portante della propria autonomia nazionale.
I singoli Parlamenti dovranno valutare, nelle poche settimane rimaste, i testi prodotti in questa fase. Anche alcuni Stati del blocco Ue stanno considerando la possibilità del No Deal. Francia e Paesi Bassi (e secondo alcuni anche Danimarca e altri) si sarebbero convinti che l’Unione europea stia cedendo su interessi importanti di molti Stati costieri. Quindi Barnier sarebbe ora incoraggiato a suggerire che ciò che viene concesso da Bruxelles riguardo alla pesca deve avere un corrispettivo in campi che interessano Londra sul continente ad esempio nel mercato finanziario e dell’energia. In caso di fallimento dei colloqui in corso, il Regno Unito il 31 dicembre abbandonerebbe senza accordo il mercato unico e l’unione doganale. I rapporti commerciali tra i due blocchi sarebbero, così, disciplinati dalle regole generali dell’Organizzazione mondiale del commercio. Ci sarà, quindi, il ritorno di dogane e dazi.
Le conseguenze
L’impatto dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea nei confronti dei Paesi vicini è particolarmente significativo nel caso della Repubblica d’Irlanda. Il 6 dicembre il ministro agli Affari esteri di Dublino Simon Coveney ha sottolineato i rischi di un mancato accordo. Esortando le parti in causa a colmare il divario tra le reciproche richieste. Il politico del Fine Gael (partito al governo nella Repubblica in coalizione con Fianna Fáil e con i Greens) è stato a Bruxelles per un incontro dei ministri degli Esteri.
Giovedì 10 dicembre i leader europei si vedranno finalmente di persona, discuteranno gli eventuali accordi oggetto di trattativa in questi giorni, e cercheranno di avvicinarsi a una soluzione condivisa.